L’importanza del contesto sociale è stato riconosciuto sin dagli inizi del secolo scorso, quando per la prima volta lo psichiatra tedesco Georg Ilberg nel 1904 coniò il termine di “psichiatria sociale”.
La psichiatria sociale è stata definita quale componente della psichiatria che esplora il contesto sociale e i fattori culturali implicati nello sviluppo dei disturbi mentali, che fornisce una cornice teorica per comprendere come il contesto sociale possa avere un impatto su esordio, decorso ed esito dei disturbi mentali.
La relazione esistente tra fattori sociali e disturbi mentali è stata evidenziata già sul finire degli anni ’30 con i pioneristici lavori di Hollingshead e Readlich a Chicago, che rilevarono una maggiore incidenza della schizofrenia nelle zone socialmente più deprivate della città. Tale osservazione è stata ampiamente replicata e confermata, e attualmente si è concordi nel ritenere che la social deprivation rappresenti un fattore di rischio per lo sviluppo dei disturbi dello spettro psicotico.
La psichiatria sociale ha importanti implicazioni sul piano assistenziale: i numerosi cambiamenti occorsi nell’ambito dell’assistenza psichiatrica riconoscono un forte matrice sociale. In particolare, il contributo della psichiatria sociale è stato essenziale sia per lo sviluppo delle comunità terapeutiche - a partire dai lavori promossi da Maxwell Jones - sia per l’affermazione del modello di cura territoriale (psichiatria / salute mentale ci comunità). Negli anni ’60, si è affermato un nuovo concetto di cura e di trattamento dei pazienti con disturbi mentali, a cui veniva restituita la capacità di autonomia ed autodeterminazione, con il corollario della possibilità di svolgere un ruolo attivo e partecipe nel proprio percorso di cura. A partire da quegli anni, si è verificato in tutto il mondo un progressivo e profondo cambiamento nell’organizzazione dei servizi per la salute mentale, con il ridimensionamento – fino al completo superamento – dell’assistenza basata sul modello manicomiale. In Italia, la spinta innovatrice della psichiatria sociale è stata particolarmente evidente, con l’esperienza di Trieste promossa da Franco Basaglia e l’approvazione della legge 180, che ha sancito la fine dell’assistenza manicomiale e l’affermazione del modello di cura territoriale e di comunità. Il contributo della psichiatria sociale è stato essenziale per valutare l’impatto del contesto familiare sull’outcome a lungo termine dei pazienti con disturbi mentali gravi. In particolare, è stato possibile evidenziare che nelle famiglie con elevati livelli di ostilità e criticismo (le cosiddette famiglie ad “alta emotività espressa”) i pazienti andavano incontro ad un aumentato rischio di ricadute e di recidive, oltre che presentare un peggiore livello di funzionamento personale e sociale. Queste considerazioni hanno promosso gli studi sugli interventi di supporto alle famiglie nei pazienti con disturbi mentali gravi, che in Italia hanno avuto un significativo impulso grazie al lavoro di Ian Falloon e alle scuole di pschiatria di L’Aquila, Milano e Napoli, tra le altre.
La psichiatria sociale ha svolto un ruolo importante nella promozione della salute mentale, contribuendo a ridurre lo stigma, la discriminazione e l’esclusione sociale dei pazienti con disturbi mentali, oltre che promuovere e migliorare la comprensione dei fattori legati al contesto psicosociale che hanno un ruolo nello sviluppo e nel mantenimento dei disturbi mentali gravi.
La psichiatria sociale ha anche importanti risvolti clinici. Infatti, un filone della psichiatria sociale si è focalizzato sulla valutazione dell’impatto del contesto sociale e degli interventi psicosociali sulla recovery e sugli esiti dei pazienti con disturbi mentali. Questo ambito della psichiatria sociale, che include l’area della prevenzione e della riabilitazione psichiatrica, ha come obiettivo la promozione, disseminazione e implementazione di interventi psicosociali di provata efficacia – come il social skills training, la cognitive remediation, gli interventi psicoeducativi familiari, gli inserimenti lavorativi supportati – volti a garantire una completa recovery del paziente, in termini di funzionamento sociale, lavorativo e personale del paziente.
In questa direzione è di fondamentale importanza il ruolo svolto dai Dipartimenti di Salute Mentale e la loro capacità di organizzare modelli di assistenza integrati, basati sui percorsi di cura e quindi ponendo al centro di ogni intervento il Paziente ed il suo ambiente.